PFAS nelle api da miele: gli insetti consentono il monitoraggio degli inquinanti nell'ambiente
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Negli ultimi anni i PFAS - sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate - sono diventati sempre più oggetto di attenzione in quanto cosiddetti "eternit chimici". Queste sostanze prodotte artificialmente sono utilizzate nella produzione di molti prodotti di uso quotidiano. Sono dannose per l'ambiente e la salute, difficili da scomporre e si accumulano ovunque, nella flora, nella fauna e anche in noi esseri umani. I ricercatori dell'Università di Graz hanno ora utilizzato le api da miele per studiare la presenza di PFAS in tempi diversi e in diverse aree di utilizzo del suolo. Lo studio dimostra che le api e il polline che raccolgono sono ideali per monitorare le tossine ambientali. Gli insetti assorbono gli inquinanti e permettono di trarre conclusioni sulla loro distribuzione spaziale e stagionale.
"I PFAS sono stati rilevati in quantità quantificabili in quasi tutte le api e il polline che abbiamo analizzato", riferisce Jörg Feldmann. Il chimico dell'Università di Graz ha rintracciato le tossine ambientali anche nel cervello dei cinghiali e delle balene. "Quando si tratta di monitorare gli inquinanti, tuttavia, le api hanno un vantaggio su questi mammiferi. Poiché vivono solo per poche settimane, le sostanze chimiche che ingeriscono non possono accumularsi nel loro corpo per lunghi periodi di tempo. Ciò significa che le concentrazioni misurate forniscono sempre informazioni aggiornate sulla presenza di tossine ambientali", spiega il biologo Robert Brodschneider.
Per il loro studio più recente sui PFAS nelle api e nel polline, i ricercatori hanno raccolto dati da aprile ad agosto in sei località dell'Alta Austria, della Bassa Austria e della Stiria con diversi usi del suolo, in aree urbane e semiurbane, rurali e agricole. Le differenze temporali e spaziali sono state notevoli. I modelli di PFAS specifici del sito indicavano potenziali fonti di contaminazione, come l'uso di pesticidi contenenti fluoro. Non è stata riscontrata una correlazione diretta con il tipo di utilizzo del suolo.
"In totale, abbiamo rilevato nove diversi PFAS in 90 campioni", afferma Viktoria Müller, chimico ambientale dell'Università di Graz e del James Hutton Institute di Aberdeen/Regno Unito. "In media, le api nell'alveare presentavano la somma più alta di tutte le concentrazioni, seguite dalle api bottinatrici e dal polline", continua la ricercatrice. Le differenze nella presenza di PFAS tra i vari tipi di campioni, in particolare tra le api bottinatrici e le api dell'alveare, indicano diverse vie di contatto, come l'assorbimento attraverso il polline, le particelle dell'aria o le superfici contaminate. "Siamo riusciti a dimostrare che le api bottinatrici introducono i PFAS nell'alveare sia attraverso il loro corpo sia attraverso il nettare e il polline", afferma Müller.
"Conoscere le differenze stagionali e locali nelle concentrazioni di PFAS è un prerequisito importante per poter creare mappe di inquinamento per determinate aree", afferma Feldmann, spiegando l'importanza dello studio. Ulteriori ricerche dovranno chiarire quali fattori sono responsabili delle fluttuazioni locali e temporali.
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